African graffiti (Stampa alternativa) by Marco Aime

African graffiti (Stampa alternativa) by Marco Aime

autore:Marco Aime [Aime, Marco]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 0
editore: Stampa alternativa
pubblicato: 2019-04-30T22:00:00+00:00


L’attesa

Si nasce, si muore, la terra cresce.

Fino a quel momento il viaggio era filato liscio. Eravamo partiti all’alba, prima che il caldo di marzo diventasse insopportabile. Sulla vecchia Peugeot 504 c’era una coppia con una bambina di cinque anni, poi l’autista era partito lungo una strada sterrata che si inerpicava sulla collina, per raggiungere un’abitazione dove ci attendeva una signora alta e robusta, che indossava un abito rosa attillato. Al nostro arrivo tutta la famiglia della signora era corsa in casa per prendere i suoi bagagli e caricarli sull’auto. L’autista sbuffava: “Dài, in fretta, la strada è lunga!”. Scuoteva la testa, come a dire “non si può andare avanti così”. La signora ha poi salutato tutti e siamo partiti. Dopo duecento metri, l’autista, che si puliva i denti con un bastoncino di legno, fa: “Scusatemi, devo passare da casa, ho dimenticato il mio sacco”.

Dopo un’altra mezz’ora di attesa davanti alla casa dell’autista siamo partiti nel grigiore del mattino. Dopo alcune ore di viaggio arriviamo a Parakou. L’autista lascia la strada principale per infilarsi in una via laterale spaccata e polverosa. Con una svolta brusca attraversa la strada e accosta la 504 di fronte a una buvette da cui escono musiche religiose. Ci dice di scendere per mangiare qualcosa, poi risale sull’auto e scompare. Rimaniamo lì davanti alla buvette, io, la donna con la bambina, il cui marito è rimasto sull’auto con l’autista, e il donnone in rosa. Le due donne e la bambina entrano nel locale per mangiare. Mi siedo sulle radici sporgenti di un grande albero che si affaccia sulla strada.

Arriva un giovane griot, con indosso una maglietta da calciatore, e si mette a suonare la sua kora, cantando con voce squillante sopra la musica che esce scatarrante dagli altoparlanti rotti della buvette.

Fuori, al bordo della strada, due ragazzi hanno steso decine di sandali in pelle di vario colore. I loro profili affilati tradiscono la loro provenienza dal Niger: “Questi sandali li fanno là, qui non sono mica capaci!” mi dice uno di loro con una certa ironia, mentre cerca di convincermi a comprarne un paio.

È già passata mezz’ora e l’autista non si vede. La signora in rosa ha finito di mangiare ed è venuta anche lei all’ombra dell’albero. Sbuffa spazientita: “È partito e ci ha piantati qui. Chissà dove si è cacciato! È per questo che l’Africa non si evolve!”.

Poco distante due meccanici tentano di riparare il cerchione di un camion, ormai spezzato da mille buche e da carichi sempre troppo pesanti.

All’ombra dell’albero inizia la sfilata di mille personaggi. In Africa è così. Appena ti fermi, tutti vengono a offrirti qualcosa. Accade ai semafori delle grandi città, dove a ogni rosso si scatena lo slalom dei venditori di fazzoletti, pile, mollette, prese elettriche, telefoni, assi per stirare. E accade in ogni altro luogo dove l’auto si ferma. Sembra che in una terra dove tutti sono sempre in movimento, se ci si ferma è perché si ha bisogno di qualcosa. Altrimenti si cammina, si viaggia.

Arriva un ragazzo in bici, con un frigo sul manubrio: “En Fanyogò?”.



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